martedì 5 agosto 2008

TRADIMENTO
*1/2
di Alfonso Brescia, Con Mario Merola, Nino d'Angelo, Ida di Benedetto. ITA 1983
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RETE 4 - Ore 16:35
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No, questa non è la migliore delle cinesceneggiate. Ma in mancanza di meglio, e dato che per un bug maledetto Youtube non mi permette più di postare video, sorbitevi quello che scrissi anni fa nella mia tesi di Laurea dal titolo "I film... so pezzi 'e core".
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“E pecchè?” è la domanda che ci poniamo anche noi di fronte a Tradimento. Perché tradire appunto i canoni della sceneggiata? Perché illustrare una Napoli “finta”, zuccherosa, “buonista” potremmo azzardare? Perché realizzare una commistione tra i film di Mario Merola e quelli di Nino D’Angelo, producendo un ibrido che non funziona? Tradimento è una sceneggiata? Dove sono i morti? Dove sono le mamme agonizzanti? Dove sono i guappi? Dov’è il sangue? Dov’è la passione? Dov’è il dolore, la disperazione? Niente di tutto questo: il dramma avviene per delle (presunta) corna e 2.000 lire di pizzo. Una situazione più adatta ad un film con la Loren e Mastroianni, volutamente finto, da Napoli da cartolina. E’ come quando Hollywood produce un film “sull’Italia” dipingendola come il paese di “spaghetti, pizza e mandolino”, dove uomini baffuti vanno in giro su carretti trainati da asini e dove le corna (presunte o vere che siano) sono motivo di pittoresche scenate. Tutto fasullo, finto, persino per Napoli. Si dirà che anche le storie delle sceneggiate sono “fasulle”... E’ vero, ma il tradimento della moglie e la relativa perdita dell’onore e della rispettabilità dovevano allora essere affrontati con i toni classici della sceneggiata, con relativo duello finale. Non certamente con un bonario ceffone!
La storia è contorta, noiosa, e il “fattaccio” dell’avvocato molestatore (Nello Pazzafini, caratterista di secondo piano, qui nella sua più “ampia” interpretazione), che dovrebbe “mettere in moto” la storia avviene dopo ben quaranta minuti!
Ida Di Benedetto sembra poi spuntare da un altro pianeta. Le precedenti attrici che avevano interpretato la moglie di Merola, anche se provenienti dal cinema di serie “A”, come Annamria Ackerman e Erica Blanc, erano credibili. Qui la Di Benedetto fa la Di Benedetto, contribuendo attivamente alla non riuscita del film.
Ma non finisce qui. Che dire del finale a Montevergine, scopiazzato dal precedente Lacrime Napulitane?
Si sfocia poi nel demenziale (involontario) con la scena del “teatro nel teatro” in cui il nostro veste i panni di Pulcinella e la Di Benedetto quelli di Colombina, circondati dalle quinte del teatrino di burattini. Pulcinella, già apparso in una inquietante “danza macabra” ne Il mammasantissima, qui è proposto nella sua più banale caratterizzazione, e tornerà di prepotenza anche nel successivo Giuramento.
Nella scena finale poi si sfocia nel patetico, quando tutti i protagonisti (e anche ignoti passanti) si rivolgono alla camera chiedendosi “E pecchè?”, mentre tutta la città canta e balla! Si voleva fare un ennesimo Carosello Napoletano? Crediamo che anche questa scusa sarebbe poco plausibile.
Mario Merola è per la prima volta fuori parte, persino antipatico, e Nino D’Angelo gli ruba spesso la scena. L’incontro tra i due “miti” si risolve quindi con un nulla di fatto.
La vicenda dello scippo, con Nino pentito che riporta la borsetta alla vecchietta, è tolta di peso dalla prima canzone (e relativa sceneggiata teatrale) dello stesso Nino D’Angelo, “ ‘A storia mia (Lo scippo)”, che non viene tuttavia cantata. La storia di Nino, che vuole sfondare nel mondo della canzone, non ha seguito, tranne riproporre tutti gli espedienti classici “per allungare il film” tipici dei film di D’Angelo, compresa l’interminabile corsa in riva al mare con la sua bella, con una canzone in sottofondo. Da segnalare invece Roberta Olivieri, che qui per la prima volta è la ragazza di Nino, e che sarà la sua partner in molti film a venire.
In mezzo a tutto questo, stupisce non poco la performance di Ghigo Masino, toscanissimo interprete di commediacce di serie C, (Giro girotondo... con il sesso è bello il mondo e altri “capolavori” di Oscar Brazzi), finito anche al centro di un singolare fatto di cronaca quando dei vecchi partigiani lo avevano riconosciuto in una tv libera di sinistra come antico picchiatore fascista...
Lucio Montanaro invece appare brevemente, e ancor più brevemente Gianni Cardo che, nel ruolo dell’assistente dell’avvocato, non apre quasi mai bocca.
Insomma, Tradimento, sebbene sia realizzato con una maggiore cura rispetto ai film precedenti, è da considerarsi la meno riuscita, la meno melodrammatica, la meno commuovente, la più falsa cinesceneggiata. Se poi lo è.

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