domenica 6 aprile 2008

PROVA A INCASTRARMI
***1/2
di Sidney Lumet - con Vin Diesel, Annabella Sciorra, Ron Silver, Alex Rocco, Linus Roache, Peter Dinklage
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RETE4 - Ore 23:30
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Ok, oggi vi beccate la recensione che scrissi a suo tempo per "Film"...


Le apparenze, a volte, ingannano.
Sidney Lumet, uno dei registi che hanno fatto la storia del cinema, ma che ormai, ad ottant’anni suonati, sembrava aver perso il suo sferzante vigore: basti pensare al modesto Gloria o al pessimo Per legittima accusa.
Vin Diesel, un sotto-Steven Segal, monolitico interprete di filmetti d’azione fatti letteralmente al computer, virtualmente improponibile in qualcosa di più “complesso”.
Nemmeno il più ottimista scommettitore avrebbe puntato su di loro.
E invece, il cinema può farci ancora ricredere.
Perché questo Prova a incastrami è la dimostrazione di come, con intelligenza e indubbia professionalità, si possa realizzare una pellicola gradevole, divertente e mai banale, e come il più improbabile degli attori, nelle mani di un regista esperto, possa, con umiltà e disponibilità, trasformarsi in un encomiabile interprete.
Sidney Lumet rientra quindi nell’Olimpo dei Grandi, in grado di appassionare il pubblico per oltre due ore con una regia attenta e veloce, pur rimanendo quasi continuamente all’interno dell’aula di un tribunale. Un tour-de-force che richiama immediatamente quello della sua straordinaria opera prima, La parola ai giurati.
Vin Diesel, in un ruolo pensato per Joe Pesci, ma dove il simpatico attore italo-americano sarebbe stato fin troppo ovvio, porta sullo schermo una figura di gangster “suonato” ma arguto, volgare ma spassoso e, in fin dei conti, più furbo del branco di avvocati sfoggiati dalla “Famiglia”. C’è da dire, a questo proposito, che il film non indugia nei soliti cliché degli italiani mafiosi, anche nella recitazione, anzi forse è l’unico dove si tenti una prima “difesa” della comunità italo-americana.
Ma tutto è perfetto, dalla brillante sceneggiatura alla scelta dei molti comprimari. Insomma uno di quei film come “se ne facevano una volta” ma insieme moderno e spigliato, una specie in via d’estinzione in cui è ormai sempre più raro imbattersi in sala.
Certo, in definitiva, è la storia di come un gangster simpatico e un avvocato in gamba possano far assolvere una potente famiglia mafiosa. Ma il film di Lumet non vuol scagliarsi contro i mali della giustizia, piuttosto contro quella macchina infernale in cui la giustizia si è trasformata, con processi che durano 627 giorni e un Pubblico Ministero che tenta tutti i modi, anche i più subdoli, pur di incastrare gli accusati. Certo che, in Italia, Lumet troverebbe pane per i suoi denti…

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