La serata si è aperta con Bonolis, il Veltroni del piccolo schermo, seduto teneramente sul palcoscenico, con una tenera bambina muta accanto, arrivando a scomodare i canti gregoriani, Verdi e Puccini pur di promuovere gentaglia che con la musica non ha niente a che fare come i Gemelli Diversi e Tricarico. Poi la famosa sigla di Mina. oooooooooh!!! Quattro immagini di repertorio e una lunga e soporifera versione di "nessun dorma" della buonamima Puccini.
Il megalomane è ricomparso poi sul palcoscenico, arrivando a citare Cesare Pavese, che se avesse visto questo uso arbitrario dei suoi scritti, si sarebbe suicidato nuovamente.
Le canzoni? Le canzoni contano ancora a Sanremo? Certamente no. Sono vent'anni almeno che a Sanremo vanno cantanti di cui non gliene frega un cazzo a nessuno. E che cantano questi falliti? Canzoni impegnate e buoniste, of course, nella speranza di ripetere il colpaccio dell'amico dei matti Cristicchi. E allora via di buonismi, con l'apice raggiunto da Pupo e Paolo Belli che, con Yussum Dur, inneggiano al volemose bene interculturale, ai negretti che ci portano tante cose belle e cazzate a non finire che non troviamo nemmeno nelle canzoni per i Lupetti.
Il clou è toccato naturalmente a Benigni che si è prodotto nella solita scaletta: prima i suoi salamelecchi di quanto sia contento e quanto ci voglia bene... e grazie al cazzo, con tutti i soldi che gli abbiamo dato!
Poi attacca a vaneggiare su Berlusconi... e va bè, tanto che altro sa fare oltre a recitare (MALE) a memoria (come i contadini che andavano da Mike Bongiorno) la Divina Commedia, prendendo 6 milioni dalla Rai? Ma il pezzo forte, buonismo a livello glicemia, lo raggiunge recitando (non l'ho visto per fortuna) la lettera di Oscar Wilde incarcerato perché gli piaceva il pesce.
Tutto ciò perchè quel coglione di Povia ha commesso un terribile errore: anzichè fare una canzone su un gaio amico che si accroge che il capitone è meglio della fragola, e che gli avrebbe fatto vincere il festival o quanto meno arrivare secondo come la signora d'Alessio, ha fatto una canzone su un gaio amico che si accorge che la fragola è meglio del capitone.
Obbligo, dopo il fattaccio, di andare a intervistare Grillini, presente in sala. Dubito che, se la canzone fosse stata "l'altra" Bonolis sarebbe andato in platea ad intervistare Bagnasco o un pilastro della eterosessualità come Rocco Siffredi.
Insomma questo insopportabile baraccone, gestito con la sua spocchia buonista, che cerca di elevare a "cultura" la monnezza da quel megalomane di Bonolis, quasi sempre solo sul palco, merita, a mio avviso, un bel bombino nucleare che faccia piazza pulita.
E poi tutti a vedere "Cantando Ballando" su Canale Italia, dove i cantanti non sono certo peggiori ma che con due lire - non nostre - raggiunge un grado di spettacolo assai maggiore...
Per fortuna è finito Sanremo con un record d'ascolti mostruoso e con il festival che è tornato ad essere un argomento di conversazione al pari delle tasse e del campionato.
Ormai il trucco, come per i blockbuster cinematografici, è iniziare a parlarne mesi prima, a pompare l'evento fino all'invero simile e a riempirlo poi di quanto più spettacolare possibile... è chiaro che le canzoni (orribili, tra l'altro) passino in secondo piano e siano solo da "contorno".
Bonolis a mio avviso è insopportabile: preso da manie di megalomania (come il buon 90% dei personaggi televisivi) si compiace nel dimostrare di essere intelligente parlando in modo forbito ed elergiendo termini presi direttamente da "arricchite il vostro vocabolario" su Selezione. Il voler portare tutto su un piano intelletuale e di cultura, anche le conigliette di Palyboy, mi da terribilmente ai nervi.
Naturalmente, come ogni buonista che si rispetti, ha lanciato la solita raccolta fondi, quando poteva se voleva, elargire i dindi che riceverà dalla Lavazza per aver portato a Sanremo, Laurenti la cui utilità sta proprio nel ricordare agli astanti che Bonolis è lo stesso della reclame del caffè.
Se poi sia meglio lui che l'eterno Pippo, che aveva imbolisito il festival e si era dato anche lui la sua sana dose di megalomania, è un'altra storia.
Il vincitore, un'altro di quei pischelli frocietti usciti fuori dalla scuola di Maria de Filippi (presente come (sic!) valletta, un confilitto di interesse mostruoso) è figlio di quel televoto alla portata appunto dei pischelli che seguono Amici & co e, come dimostrato da Stricia, da ch investe soldini in telefonate a iosa. Se volessero portare un minimo di serietà, bisognerebbe come minimo consentire un solo voto per numero di telefono, o tornare alle giure demoscopiche... ma è chiaro che con gli SMS fanno denari a iosa.
E comunque... basta, perché parlo ancora di Sanremo?
Il megalomane è ricomparso poi sul palcoscenico, arrivando a citare Cesare Pavese, che se avesse visto questo uso arbitrario dei suoi scritti, si sarebbe suicidato nuovamente.
Le canzoni? Le canzoni contano ancora a Sanremo? Certamente no. Sono vent'anni almeno che a Sanremo vanno cantanti di cui non gliene frega un cazzo a nessuno. E che cantano questi falliti? Canzoni impegnate e buoniste, of course, nella speranza di ripetere il colpaccio dell'amico dei matti Cristicchi. E allora via di buonismi, con l'apice raggiunto da Pupo e Paolo Belli che, con Yussum Dur, inneggiano al volemose bene interculturale, ai negretti che ci portano tante cose belle e cazzate a non finire che non troviamo nemmeno nelle canzoni per i Lupetti.
Il clou è toccato naturalmente a Benigni che si è prodotto nella solita scaletta: prima i suoi salamelecchi di quanto sia contento e quanto ci voglia bene... e grazie al cazzo, con tutti i soldi che gli abbiamo dato!
Poi attacca a vaneggiare su Berlusconi... e va bè, tanto che altro sa fare oltre a recitare (MALE) a memoria (come i contadini che andavano da Mike Bongiorno) la Divina Commedia, prendendo 6 milioni dalla Rai? Ma il pezzo forte, buonismo a livello glicemia, lo raggiunge recitando (non l'ho visto per fortuna) la lettera di Oscar Wilde incarcerato perché gli piaceva il pesce.
Tutto ciò perchè quel coglione di Povia ha commesso un terribile errore: anzichè fare una canzone su un gaio amico che si accroge che il capitone è meglio della fragola, e che gli avrebbe fatto vincere il festival o quanto meno arrivare secondo come la signora d'Alessio, ha fatto una canzone su un gaio amico che si accorge che la fragola è meglio del capitone.
Obbligo, dopo il fattaccio, di andare a intervistare Grillini, presente in sala. Dubito che, se la canzone fosse stata "l'altra" Bonolis sarebbe andato in platea ad intervistare Bagnasco o un pilastro della eterosessualità come Rocco Siffredi.
Insomma questo insopportabile baraccone, gestito con la sua spocchia buonista, che cerca di elevare a "cultura" la monnezza da quel megalomane di Bonolis, quasi sempre solo sul palco, merita, a mio avviso, un bel bombino nucleare che faccia piazza pulita.
E poi tutti a vedere "Cantando Ballando" su Canale Italia, dove i cantanti non sono certo peggiori ma che con due lire - non nostre - raggiunge un grado di spettacolo assai maggiore...
Per fortuna è finito Sanremo con un record d'ascolti mostruoso e con il festival che è tornato ad essere un argomento di conversazione al pari delle tasse e del campionato.
Ormai il trucco, come per i blockbuster cinematografici, è iniziare a parlarne mesi prima, a pompare l'evento fino all'invero simile e a riempirlo poi di quanto più spettacolare possibile... è chiaro che le canzoni (orribili, tra l'altro) passino in secondo piano e siano solo da "contorno".
Bonolis a mio avviso è insopportabile: preso da manie di megalomania (come il buon 90% dei personaggi televisivi) si compiace nel dimostrare di essere intelligente parlando in modo forbito ed elergiendo termini presi direttamente da "arricchite il vostro vocabolario" su Selezione. Il voler portare tutto su un piano intelletuale e di cultura, anche le conigliette di Palyboy, mi da terribilmente ai nervi.
Naturalmente, come ogni buonista che si rispetti, ha lanciato la solita raccolta fondi, quando poteva se voleva, elargire i dindi che riceverà dalla Lavazza per aver portato a Sanremo, Laurenti la cui utilità sta proprio nel ricordare agli astanti che Bonolis è lo stesso della reclame del caffè.
Se poi sia meglio lui che l'eterno Pippo, che aveva imbolisito il festival e si era dato anche lui la sua sana dose di megalomania, è un'altra storia.
Il vincitore, un'altro di quei pischelli frocietti usciti fuori dalla scuola di Maria de Filippi (presente come (sic!) valletta, un confilitto di interesse mostruoso) è figlio di quel televoto alla portata appunto dei pischelli che seguono Amici & co e, come dimostrato da Stricia, da ch investe soldini in telefonate a iosa. Se volessero portare un minimo di serietà, bisognerebbe come minimo consentire un solo voto per numero di telefono, o tornare alle giure demoscopiche... ma è chiaro che con gli SMS fanno denari a iosa.
E comunque... basta, perché parlo ancora di Sanremo?